Cosa vedere nella contrada della Tartuca
Buongiorno e bentornati a Siena. Oggi ci accoglie la Tartuca, in alto in alto sul colle di Castelsenio, dove secondo la tradizione Senio e Aschio (o Ascanio), figli gemelli di Remo, si rifugiarono dopo essere fuggiti da Roma e dall’ira dello zio Romolo. Qui Siena fu fondata, e qui ci prepariamo a scoprire altri tre MUST SEE della città, anzi di questo rione che dal colle originario, detto anche Castelvecchio, scende fino alla porta cittadina dei Tufi; qui l’ultima cinta di mura racchiude due preziose valli verdi e alcune zone della città poco visitate dai turisti ma assolutamente affascinanti. Partiamo quindi, e il bronzo va a…
Le tre cose da vedere nella Tartuca
N°3: Santa Maria Maddalena
Come le zone dei Pispini o di Porta Romana, essendo area di confine, anche qui, lungo via Mattioli (detta comunemente via dei Tufi), si dispiegavano una serie di conventi e chiese senza quasi soluzione di continuità. Uno di questi insediamenti era stato fondato nientemeno che dal vescovo Donusdeo Malavolti nel 1330 circa, come ospizio per i sacerdoti viandanti. Trasferitisi presto in una struttura vicina al Poggio Malavolti (quindi la zona ora conosciuta come Piazza Matteotti), lasciarono libero lo stabile che due secoli dopo fu occupato, stavolta fino alle soppressioni napoleoniche di inizio Ottocento, dalle Suore Benedettine di Santa Maria Maddalena.
Appena arrivate cominciarono la ristrutturazione della chiesa e del convento, che fu esteso fino al soprastante istituto della Badia della Rosa vicina a Porta all’Arco (dove stavano i monaci Camaldolesi). La chiesa poi fu ancora trasformata in forme diciamo rococò nel ‘700, decorata di stucchi e dipinta di un tenue colore pastello. Pietro Leopoldo creò qui un convitto per giovani fanciulle, che dopo la soppressione del 1810 divenne proprio un educandato poi accorpato, a fine secolo, al collegio femminile del Refugio (nel Nicchio): lì tra l’altro si trova il pulpito ligneo realizzato per Santa Maria Maddalena dall’architetto e designer senese Agostino Fantastici.
La destinazione didattica però è rimasta, perché il convento adesso è occupato da una scuola media statale, mentre la chiesa, la cui facciata fu rifatta in stile neoclassico dallo stesso Fantastici (architetto che ritroveremo nel nostro giretto in Tartuca) ospita un museo collegato alla Facoltà di Medicina divenendone il Museo Universitario di Strumentaria Medica, che presenta una collezione di alcuni strumenti e apparati medici che si datano dalla fine del ‘700 in poi. Sono corredati da supporti multimediali che ne facilitano la comprensione, ma per la maggior parte sono di per sé assolutamente affascinanti, perché ci mostrano uno spaccato di storia della medicina e ci fanno capire come e quanto sia avanzata la scienza e la conoscenza medica in questi ultimi secoli, compiendo passi da gigante nella salvaguardia del paziente e nella comprensione delle malattie. Peraltro, la chiesa ha mantenuto gli altari e le tele di fine ‘500, che creano un contrasto davvero singolare con sedie gestatorie e rudimentali stetoscopi.
N°2: Orto Botanico
Risalendo lungo la stessa strada, dopo aver oltrepassato la chiesa di Santa Maria Maddalena, si apre un piccolo cancello che immette in un giardino rigoglioso con palme e alberi immensi: siete all’ingresso dell’Orto Botanico, la nostra medaglia d’argento. Si sviluppa con vari livelli di terrazzamenti lungo la valle sottostante, la Valle Berardi, e al suo interno c’è anche una fonte medievale ottimamente restaurata, chiamata un tempo Fonte al Pino.
Nelle giornate estive, quando i bambini – e forse anche voi – sono stanchi di musei e tavole d’altare, perché non portarli in questo giardino meraviglioso, in cui possono scoprire, divertendosi, un sacco di curiosità sulla storia del mondo e sulla natura che ci circonda? L’Orto Botanico è strettamente connesso con l’Università di Siena (qui ha sede il Dipartimento di Scienze Ambientali) e vi si svolgono ricerche di altissimo livello. Ma è anche una passeggiata lungo viali ombrosi, che conduce ad un laghetto punteggiato da ninfee e circondato da panchine in cui riposarsi.
Si trova qui dal 1856, ma memorie di un Giardino dei Semplici (cioè delle piante officinali) si hanno fin dal ‘500: era ubicato negli orti del Santa Maria della Scala, e serviva ai medici per fare pratica e conoscere le piante che sarebbero state materia prima per quasi tutti i loro rimedi. In seguito, essendo lo spazio ormai insufficiente, alla fine fu scelta questa destinazione che si rivelò subito felicissima, perché l’esposizione a sud-est consente di poter coltivare qui, fuori da serre, non solo piante autoctone toscane, ma anche alberi esotici, arbusti e piante acquatiche non proprio locali, diciamo. Per le piante grasse, equatoriali o desertiche c’è poi una serra calda costruita fra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 divisa fra zona secca e umida. Vi è conservato anche un Erbario risalente al 1860 con piante essiccate e tavole di pregevole fattura.
Inoltre, se volete attardarvi fino al crepuscolo, forse potrete scorgere tutta una serie di spiriti che si dice da sempre infestino la valle: vaghe ombre umane, che i testimoni dicono “gelatinose” e che camminano come fachiri sulle agavi spinose, spiriti urlanti avvolti da bianchi lenzuoli, figure che si spostano a mezzo metro da terra… e non pensate di rifugiarvi al chiuso dell’istituto! Lì si odono giorno e notte urla e tonfi sordi che si susseguono a serie di tre. Divertente, no?
N°1: Sant’Agostino
Infine, la medaglia d’oro: in cima alla salita appena percorsa vediamo allargarsi Prato Sant’Agostino, e alla nostra destra alzarsi come una fortezza il gigantesco convento agostiniano, ora polo di istruzione secondaria con Liceo Classico, Liceo Musicale e Liceo delle Scienze Umane. Sotto il portico neoclassico realizzato dall’architetto Agostino Fantastici – ecco che ritorna – si apre l’ingresso alla chiesa dell’ordine, intitolata proprio a Sant’Agostino. Che si guadagna la vittoria perché è bellissima, e perché è sempre chiusa: si nega la visione di tantissime meraviglie non solo ai turisti, ma anche ai senesi. Viene aperta per eventi particolari, spesso come sala da concerti, ed infatti nella foto vedete quei teli bianchi che servono a spezzare il rimbombo e l’eco che, in un ambiente così grande, sarebbero deleteri.
I Padri Agostiniani fondarono qui il loro cenobio già nel 1258, con un piccolo convento ed un piccolo oratorio presto soppiantati da strutture più grandi, abbellite da opere di assoluto pregio: per esempio in Pinacoteca si trova la tavola del Beato Novello, dipinta da Simone Martini, che era destinata a questa chiesa. Si trova qui anche l’unica tela del Perugino presente a Siena (l’altra, che era conservata in San Francesco, è andata distrutta nell’incendio del 1655). Anche questa chiesa ha subito molti rimaneggiamenti ed ampliamenti; fra i maggiori quello avvenuto nel ‘500, con l’arrivo della Crocefissione del Perugino e la trasformazione della Sala Capitolare in Cappella Piccolomini, per i quali lavorò il Sodoma dipingendo una bellissima Adorazione dei Magi, e poi quello più corposo quando, dopo l’incendio del 1747 ed il terremoto del 1798 che fece crollare il campanile, si dovette rimettere mano a tutta la struttura. In quell’occasione fu utilizzato un progetto del Vanvitelli (proprio lui, l’architetto della Reggia di Caserta) che ha rispettato gli altari controriformati preesistenti creando una specie di cappotto interno neoclassico in ordine gigante, che in definitiva, anche se l’architetto napoletano non fu per niente contento del risultato, ha creato un insieme armonico e piacevole.
Questa chiesa è stata ricca di sorprese e con il restauro del 1970 ha svelato tesori nascosti. In primis, nel transetto destro, nella Cappella Bichi, al di sopra della volta settecentesca si è rivelata una volta a crociera costolonata con affreschi di Luca Signorelli, mentre le pareti hanno svelato due affreschi a monocromo rifiniti in oro di Francesco di Giorgio Martini, ed è stato rinvenuto anche il pavimento originale, in maiolica, della bottega dei Mazzaburroni. Inoltre, nella Cappella Piccolomini, che abbiamo detto essere nata come Sala capitolare poi divenuta Sacrestia, sotto l’intonaco sono stati trovati brani di affresco di altissima qualità, quindi è stato deciso di spostare l’altare Piccolomini con il dipinto del Sodoma (ora nella parete opposta) e si è rivelata una fantastica Maestà con Santi di Ambrogio Lorenzetti, di cui aveva parlato anche Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentari. E a ragione! Maria siede su un trono rosso costruito con… ali di cherubini. Il ciclo pittorico era molto più ampio, ma solo questo dipinto sarebbe motivo sufficiente per riaprire la chiesa alla visione ammirata dei visitatori. Ne volete altri? Il finto altare dipinto creato dai Bibiena, le pale di Francesco Vanni e Rutilio Manetti, l’altare di Flaminio del Turco (architetto di Provenzano) e dei Mazzuoli…