Siena


La Contrada dell’Onda a Siena

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Cosa vedere nella contrada dell’Onda

Salve! Oggi andiamo nel Terzo di Città, e facciamo un saliscendi da mal di mare fra strade in ripidissima pendenza, con incroci stravaganti e scorci bellissimi sia sulla Torre del Mangia che sulla valle verde che la divide dall’avversaria. Stiamo parlando dell’Onda: si dice che prenda il nome proprio da queste strade ondeggianti, oppure dal fatto che una delle sue compagnie militari era incaricata della difesa dei porti senesi. Come che sia, al giorno d’oggi è l’unica contrada che ha una nemica, la Torre, ma che non ha una nemica. Mi spiego meglio. Per gli ondaioli la Torre è fumo negli occhi, per il popolo di Salicotto l’unica nemica è l’Oca, e l’Onda è assolutamente indifferente. Bizzarro, no? E poi si dice che il Palio è solo una corsa di cavalli…

Bene, ecco quindi i tre MUST SEE di Tuscany Planet e Giuliatourguide, in rigido ordine gerarchico. Faremo un vero e proprio allenamento, altro che palestra, per cui mettete scarpe comode e via!

Le tre cose da vedere nell’Onda

N°3: Fonte Serena

Si tratta di una delle sei fonti storiche, fra quelle maggiori, presenti ancora a Siena all’interno delle mura cittadine. Eppure è seminascosta, e racconta la storia della testardaggine di un rione. Se Siena in quanto ad acqua era messa maluccio, questa zona del Terzo di Città era praticamente sempre a secco: la fonte più vicina era lontanissima, e soprattutto molto in basso, nella val di Montone dove il Comune aveva un mulino. I cittadini firmarono una petizione, e tanto dissero e tanto fecero che, pur avendo appena passato il delirio della Peste Nera, nel 1352 fu deliberata la costruzione di una nuova fonte, che fu pagata però dagli abitanti e il cui trabocco fu per contratto convogliato in valle ad alimentare appunto il movimento del mulino.

Fonte Serena a Siena
Fonte Serena

Fu terminata dopo sette anni, ma alla fine fu sfruttata molto poco perché la Fonte Gaia in Piazza del Campo la fece cadere in disuso: lo vedete dalle foto, vi sembra comoda? Pensate come deve essere stato scendere queste scale ripide e sdrucciolose in inverno, col ghiaccio, ma soprattutto risalirle con i secchi e gli orci pieni! Non era certo migliore la situazione con l’afa estiva, mi immagino. Possiamo dire che chi l’ha progettata non aveva mai mosso un dito in vita sua, forse solo per muovere una penna. I cittadini provarono, con una nuova petizione, a chiederne una modifica, ma a quel punto il Comune fece orecchie da mercante e la fonte così rimase.

Fonte Serena

Era così trascurata che perfino le spie fiorentine durante l’assedio del 1554 non ne segnalarono la presenza. Oggi si presenta meravigliosamente bene, con le due vasche e il suo arco bicromo impostato su capitelli decorati e sormontato dalla Balzana senese.

Si chiamò Serena, a volte più semplicemente “del Casato”, forse perché seminascosta e incassata fra le case; oggi però si racconta che molti disperati abbiano deciso di togliersi la vita gettandosi da sopra il parapetto, cercando una serenità che la vita negava loro.

N°2: Gipsoteca Giovanni Duprè

Contravvenendo ad una mia stessa regola, metto l’argento al collo a questa raccolta d’arte conservata nel museo della contrada, ma si tratta di qualcosa di unico, qui in città. Gipsoteca, per chi non lo sapesse, vuol dire raccolta di gessi, e qui possiamo trovare, splendidamente bianchi e sistemati in un caos organizzato, un insieme di calchi delle opere più famose di questo artista, nato per l’appunto in quella che oggi si chiama via Duprè e all’epoca era via di Malborghetto (una lapide ricorda l’evento), e che nel secondo Ottocento seppe, da povero autodidatta figlio di nessuno e “senza studio”, sbalordire i compassati maestri dell’Accademia di Belle Arti: non solo quella senese, ma soprattutto i fiorentini (eh, questi perfettini…). Quando scolpì il suo Morte di Abele, che potete vedere nella foto in primo piano, malignarono subito che non poteva averlo eseguito solo da modello, era troppo perfetto.

Sicuramente aveva fatto un calco al ragazzetto, realizzando quindi una specie di copia dal vero. Presero addirittura le misure ai vari arti, e sorpresa! L’Abele statua era appena più grande dell’Abele modello in carne ed ossa. Da allora tutti zitti, e il Duprè divenne uno degli scultori più richiesti nelle corti europee. Lo sapete dove potete vedere un gran numero delle sue opere? All’Ermitage, perché Caterina di Russia ne era assolutamente invaghita.

Trovarsi davanti questa raccolta è una meraviglia per gli occhi, e serve anche a ricredersi: non tutti gli artisti senesi erano dei puristi indefessi, Giovanni anzi era già un naturalista, attento al dato reale e disposto anche a ritrarre il brutto, se così era la realtà (la disputa Donatello/Brunelleschi sui crocefissi vi dice niente?).

N°1: Via di Fontanella

Lo confesso, prima di questo articolo non l’avevo mai percorsa tutta. E adesso le assegno l’oro. Vi spiego. E’ una strada a senso unico che va da Porta Tufi alla chiesa di San Giuseppe, oratorio della contrada. Nella prima parte è trafficatissima e anche anonima, perché serve da imbocco al parcheggio multipiano costruito di fronte all’ex Ospedalino, adesso sede universitaria di Giurisprudenza e Scienze Politiche. Oltre la curva che immette nel parcheggio c’è un varco con le telecamere, quindi guai a proseguire. La parte finale, che sale ripida e sbuca nello spiazzo di fronte all’oratorio, si percorre in genere per qualche metro per mettersi a sedere sul muricciolo di fronte. Basta. La parte centrale, un mistero. Quindi qualche giorno fa sono scesa, e appena passato questo muricciolo, sulla destra della strada, ho capito come mai si chiama “Via di Fontanella”: c’è una fonte, anche qui! Ora l’accesso è chiuso da un cancello, e risulta praticamente invisibile perché il piano stradale è stato rialzato notevolmente quando hanno eliminato il ponte e colmato il fosso.

Via di Fontanella
Via di Fontanella

Le prime notizie si hanno verso il 1260,  la vasca raccoglieva una piccola falda proveniente dalla collina su cui si ergevano il convento e la chiesa degli Agostiniani, che per attingere l’acqua potevano utilizzare ad uso privato una porticciola, uscendo praticamente fuori dalle vecchie mura cittadine. Se quindi a destra sopra la fonte si erge altissimo il bastione di Sant’Agostino, dall’altra parte la vista spazia sulla valle, e lo scorcio che si ha su Palazzo Pubblico e la Torre del Mangia è fra i più belli del rione. Questo contrasto fra uno strapiombo a sinistra e un’erta collina a destra la fa diventare davvero affascinante.

Via di Fontanella

Se poi si continua qualche decina di metri, si incontra sulla sinistra, metà in campagna metà in città, metà in piano metà in discesa, una casa che fu utilizzata a inizio ‘800 dalla Società di Esecutori Pie Disposizioni come alloggio per gli alienati; era chiamato “Ricovero del Bigi”, ed è una delle prime sedi di quella realtà manicomiale che poi troverà la collocazione definitiva nel San Niccolò, nella contrada del Valdimontone, come vi ho raccontato la puntata scorsa.

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