Siena


Contrada del Drago a Siena

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Cosa vedere nella contrada del Drago

Siamo quasi agli sgoccioli in questo viaggio attraverso le contrade di Siena, ma nessuno pensi mai che l’ordine sia stato dettato dall’importanza: siamo andati alla ricerca di angoli particolari e, ve lo confesso, spesso la decisione di parlare dell’una o dell’altra contrada è dipesa banalmente dalla possibilità di avere foto decenti (soprattutto durante il lockdown). Comunque, oggi affrontiamo l’unica contrada che a memoria documentale non ha mai avuto una nemica, cioè il Drago. Popolo legatissimo alla chiesa santuario di san Domenico, dove per qualche tempo ha avuto anche un altare su cui officiare, ha vinto molti pali in anni recenti, fra cui ultimo quello dipinto dal contradaiolo Emilio Giannelli. Ma, come sempre, noi giriamo intorno ai grandi monumenti storici e ci dirigiamo più nell’ombra, per parlarvi di….

Le tre cose da vedere nel Drago

N°3: Vicolo della Pallacorda

Il vicoletto si apre a sinistra all’incrocio di via della Sapienza, via delle Terme e Costa dell’Incrociata, e prosegue incassato fra le case fino alle scale che, da pochi anni, lo collegano a Piazza Matteotti attraverso il centro commerciale nato negli spazi del Cinema Metropolitan. Ma la sua conformazione, come ci attestano mappe e topografie nel corso dei secoli, è cambiata molto nel tempo: prima si sviluppava anche in salita, partendo dall’attuale stalla del Drago – in questa strada si trova anche il loro tabernacolo – e arrampicandosi sul Poggio dei Malavolti fino ai giardini del Buoninsegni grazie ad una ripida scalinata, probabilmente antico collegamento col Convento del Paradiso posto lassù in alto.

Inoltre, prima della costruzione delle scale verso piazza Matteotti è stato per molto tempo un vicolo chiuso, come il vicolo degli Orefici nel Leocorno, e come quello risulta essere davvero caratteristico: abbastanza buio, incassato, sormontato da archi di controspinta, ornato di piante e vasi, generalmente ben tenuto. In realtà ultimamente ci sono stati diversi episodi, riportati anche nelle cronache locali, di feste e ritrovi non autorizzati con musica ad alto volume, alcool e schiamazzi, per cui alcuni ragazzi senesi sono stati ripresi e costretti giustamente a ripulire lo sporco lasciato.

Vicolo della Pallacorda

Qualche anno fa alcuni residenti provenienti dall’America Latina hanno anche ridipinto i muri per cancellare diverse scritte fatte da writers abusivi. Ma c’è da dire che da sempre questo vicoletto è legato a giochi e ritrovi giovanili, se il suo stesso nome deriva dalla pallacorda, o palla a corda, o jeu de peaume, gioco diffuso in tutta Europa nel Medioevo poi andato in declino, almeno in Italia, mentre in Francia è rimasto in auge fino a tutto il ‘700, nelle due versione della longe-paume, che si svolgeva all’aperto in campi molto ampi (qui forse nel soprastante Poggio dei Malavolti?) e della courte-paume, i cui incontri si tenevano al chiuso in stanze appositamente predisposte (e forse qui c’era proprio un locale apposito).

Probabilmente furono gli studenti del vicino Studio Senese (vedi dopo) a portare questo gioco a Siena, di cui ci parla anche il Pecci ma che come dicevamo ha origini molto più antiche: si trattava di organizzarsi in due squadre di due o più giocatori e passarsi la palla, respingendola colla mano aperta, al di là di una rete posta nel mezzo del campo, al volo o dopo il primo rimbalzo. Ogni colpo fallito dava 15 punti all’avversario, chi arrivava a 60 aveva vinto il gioco, successivamente le mani aperte a palmo furono sostituite da una paletta di legno e poi da una vera e propria racchetta: vi ricorda niente? Esatto, la pallacorda, nella sua versione “lunga”, è l’antesignano del tennis moderno.

Ad onor del vero dobbiamo aggiungere che qui viveva la sora Balda, una donna piacente, rimasta presto vedova e senza problemi economici, che scoprì già matura la sua vocazione di “insegnante” di materie amorose verso tutti quei giovani che dovevano essere iniziati ai segreti del rapporto col gentil sesso… beh capite allora che questo è sempre stato un vicolo dalla spiccata vocazione “giocosa”…

Vicolo della Pallacorda

N°2: Biblioteca Comunale degli Intronati

La nostra medaglia d’argento ha una storia complessa e intrecciata a tantissime istituzioni basilari in città. Andiamo in ordine cronologico. Qui nel 1250 il beato Andrea Gallerani fonda la Casa della Misericordia, con il dichiarato scopo di assistere i più poveri e bisognosi. Non si tratta di un ordine religioso ma laico, e dotato di spedale. Nel 1251, alla sua morte, i confratelli, militanti sotto la regola dei Frati Umiliati, decidono di eleggere un Rettore e continuare nella loro missione. Nello stesso anno il Comune li autorizza a ricevere donazioni come un ordine religioso, e lo spedale funziona fra alti (nel XIV secolo era l’istituzione più ricca della Repubblica dopo il Santa Maria della Scala e l’abbazia di San Galgano) e bassi (dopo la peste e le guerre del secondo Trecento si indebitò tantissimo) fino all’inizio del ‘400; in questi anni l’ordine fu soppresso con bolla papale, ma la sua storia continua su altre strade e la Misericordia è tuttora attivissima nella nuova sede sotto la chiesa di San Martino, (nel Leocorno). La struttura fu destinata in toto a ricovero per gli studenti dello Studio Senese, che soprattutto dopo la scomunica dell’Ateneo bolognese nel 1321 stavano aumentando esponenzialmente di numero ed erano disposti a pagare una retta abbastanza alta per garantirsi un posto in “studentato”. La strada su cui si affaccia, via della Sapienza, prende il nome proprio dalla presenza dello Studium, che sfruttava anche la chiesa del vecchio spedale, intitolata a Santa Maria della Misericordia come si vede ancora dalla scritta nell’architrave del portale di ingresso. L’Università rimase qui fino alla sua soppressione sotto Napoleone, e quando dopo la Restaurazione fu ripristinata si trasferì nei nuovi locali, appositamente riadattati e rinnovati dal Partini, dell’ex convento di san Vigilio. A fine ‘700 la chiesa divenne parrocchia e prese il nome di San Pellegrino alla Sapienza ereditando l’intitolazione della distrutta chiesa di San Pellegrino nell’attuale Piazza Indipendenza (in Civetta), e dal 2011 è stata data in uso alla Chiesa Ortodossa d’Italia e Malta e intitolata a Sant’Anastasia Romana.

 

In concomitanza con lo Studium si formò qui il primo nucleo della Biblioteca Comunale grazie al lascito testamentario, primo di molti altri, di Sallustio Bandini, storico ed economista  che nel 1758 destinò tutto il suo fondo librario all’Università col vincolo di metterlo a disposizione dei cittadini sotto la direzione dell’Abate Ciaccheri, all’epoca rettore. Fu lui, con il successore Luigi de Angelis, a raccogliere e salvare tantissimi testi pregevoli, e non solo quelli: entrambi si distinsero per aver salvato numerosissime pale d’altare, o gli scomparti rimanenti, dalla distruzione o dalla dispersione, creando il primo nucleo della Pinacoteca Senese che fu allestita appunto in alcuni di questi locali. Siamo nel 1816, ed insieme a questa Sala si fondò anche l’Istituto di Belle Arti, che andò ad occupare gli spazi lasciati liberi dall’Università. L’attuale Liceo Artistico Duccio di Buonisegna ha avuto sede qui fino a pochi anni fa, quando è stato spostato nell’ex convento di San Domenico permettendo una riorganizzazione globale della Biblioteca: quest’ultima adesso sfrutta anche la vecchia strada coperta che prima serviva alla Compagnia Laicale del Beato Gallerani (rimasta attiva anche dopo la soppressione dello Spedale) per raggiungere il loro oratorio nei pressi del Fondaco di Sant’Antonio (ora via dei Pittori), ed è davvero molto suggestiva: si vedono in terra ancora i segni del passaggio dei carri! La Pinacoteca poi dal 1932 fu trasferita in via di San Pietro (Aquila) nei Palazzi Buonsignori e Brigidi, dove si trova tuttora.

E, ultime ma non ultime, qui hanno avuto sede due delle maggiori istituzioni rimaste in città:   intanto l’Accademia dei Fisiocritici, fondata nel 1691 da Pirro Maria Gabrielli presso il Santa Maria della Scala ma ben presto legata da una speciale “convenzione” con lo Studio senese; adesso la sua sede ed il Museo annesso si trovano in Tartuca, con ingresso dalla piazzetta Silvio Gigli. E poi l’Accademia degli Intronati, nata nel 1525, via via cresciuta, presente qui da metà ‘700, a cui fu concesso anche l’uso della Sala Grande, creando un apposito accesso separato sempre da via della Sapienza, che infatti per qualche tempo fu chiamata via degli Intronati; adesso la sua sede è in Palazzo Patrizi in via di Città, ma qui rimane il notevole archivio composto da numerosi faldoni chiamati “zucchini”, dalla zucca scelta dall’Accademia come propria impresa.

Biblioteca Comunale degli Intronati Siena

N°1: Via di Camporegio

Il primo posto va a questa piccola strada, ma a cui noi senesi siamo affezionatissimi: questo è l’affaccio alla città per chi lascia la macchina in Fortezza o in San Prospero, o al campino, se è fortunato, e si immerge nel centro storico di Siena costeggiando la mole di San Domenico e godendo del panorama mozzafiato che gli si apre davanti. Da destra a sinistra si abbraccia buona parte di Siena, dalle mura di Fontebranda su fino al Costone, l’imponente bianca mole del Duomo e del suo Battistero, le case in mattoni color Terra di Siena bruciata che la sera sembrano un presepe, la Torre del Mangia e la Torre dell’Orso che si stagliano, una elegante, l’altra massiccia, contro il cielo. Non ci stanchiamo mai di fotografare quest’angolo, anche perché qualcuno (ma chi? Dio lo benedica!) ha piantato un cipresso che fa pendant con il campanile della basilica domenicana, e allo stesso modo si alza come preghiera al Blu. Ad onor del vero è anche, spesso, la prima visione che molti visitatori e turisti hanno della città, e sinceramente risulta difficile trovarne di migliori.

San Domenico Siena

Il nome della strada si rifà secondo la tradizione al fatto che qui si accamparono le truppe di Enrico IV figlio di Federico Barbarossa, che nel 1186 assediò Siena, già libero comune, per assoggettarla all’Impero svevo. Non ebbe successo perché i senesi uscirono di sorpresa dalle due porte di Fontebranda e Camollia e con un perfetto attacco a tenaglia, di cui anche lo stratega Giulio Cesare sarebbe andato fiero, strinsero gli imperiali e li costrinsero alla resa. Così la tradizione. Peccato che il toponimo sia attestato almeno un secolo prima, nel 1084, segnando quindi un’area della città che, come Stalloreggi (nella Pantera) individua un terreno appartenente al fisco reale, su cui i senesi quindi pagavano apposite tasse. La strada fu ampliata a metà ‘200 per permettere un accesso più agevole alla neonata fondazione domenicana, possibile grazie alla donazione della famiglia Malavolti di alcuni terreni che i frati utilizzarono proprio per costruirvi il proprio convento e la propria chiesa. Oltre la mole della basilica la strada gira stretto a destra e cambiando del tutto aspetto si trasforma in una scalinata che scende verso Fontebranda; quando era un semplice viottolo sterrato veniva nominato costa della Serpe, per motivi facilmente immaginabili.

Questo è anche il nome che definisce la contrada del Drago: chi vi appartiene, appartiene al popolo di Camporegio e da qui in effetti si accede ai nuovi locali della società, i cosiddetti Voltoni, che altro non sono che la prima sede seicentesca della contrada; in pratica, un ritorno alle origini.

Vista da Via di Camporegio a Siena

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