Siena


La Contrada della Civetta a Siena

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Cosa vedere nella contrada della Civetta

Salve a tutti, eccoci di nuovo a passeggio per Siena. Oggi non ci stancheremo molto, perché andiamo in una contrada con un popolo non numeroso e dal territorio piccolo piccolo, ma densissimo di bellezza: la Civetta. Quindi, mi direte, facile fare la tua classifica. E invece no, perché sapete che Giuliatourguide e Tuscany Planet non si fermano nelle solite mete, ma vi portano in luoghi meno noti ed evidenziano tesori di non facile visione. Tra l’altro, la Civetta avrebbe da poco celebrato in pompa magna la sua festa titolare, e ci sembra corretto festeggiare con il popolo civettino aggirandoci nel loro rione naso all’insù, e macchina fotografica in mano per non perdere nemmeno un mattone di meraviglia. Andiamo!

Le tre cose da vedere nella Civetta

N°3: Incrocio dei Tre Terzi

Siamo in via dei Termini, praticamente una parallela di Banchi di Sopra, a lei collegata da numerosi vicoletti (vicolo di Pier Pettinaio, via dei Pontani, e molti altri). Partendo da Piazza Indipendenza, dopo pochi metri sulla destra si apre uno slargo, anticamente detto Piazzetta delle Erbe, dove in genere nella bella stagione il ristorante enoteca “I Tre Terzi” mette i suoi tavoli esterni. Ma se guardate bene, fra le lastre della pavimentazione, potete scorgere tre pietre bianche con le scritte in stampatello CAMOLLIA – CITTA’ – SAN MARTINO.

Tre Terzi Siena

Il nome della strada, al plurale, si riferisce infatti ai tre termini, cioè al confine dei tre terzi della città. In genere nelle città medievali era prassi dividere il territorio in circoscrizioni amministrative, fiscali, militari più piccole, per meglio amministrarle: terzieri, quartieri, quintieri, sestieri. Questo ancor oggi si mantiene nel vocabolo “quartiere” (anche quando sono più di quattro) e si vede bene quando, in occasione di feste medievaleggianti, i rioni si sfidano in gare di vario genere (i Quintieri di Cortona nell’Archidado, per esempio). Anche Siena fu divisa in tre Terzi che hanno stemmi diversi e che sono tra l’altro presenti proprio sopra le vostre teste. Nei muri dei palazzi al di sopra dello slargo potete vedere i tre emblemi, accompagnati da quelli delle contrade che ne fanno parte, e che noi stiamo visitando ad una ad una: una croce bianca in campo rosso per il Terzo di Città, il più antico, una K nera in campo bianco per il Terzo di Camollia, il più a nord, l’immagine di San Martino che taglia il mantello per il povero in campo bordeaux per il terzo di san Martino, a sud-est.

Trovate i tre stemmi rispettivamente nella parete sinistra del Palazzo Ballati Nerli, nella parete destra dello stesso palazzo, e nella torre scapitozzata della famiglia Mignanelli. Per le contrade appartenenti…avete i nostri articoli.

Stemmi dei tre terzi di Siena
Stemmi dei tre terzi di Siena

N°2: Chiostro di San Cristoforo

La chiesa di San Cristoforo, lungo la via Francigena, è una delle più antiche di Siena. Da sempre legata alla famiglia Tolomei, fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1798 e rifatta, più piccola, in stile neoclassico con ordine gigante in facciata. Sappiamo che qui si riuniva il Maggior Consiglio Cittadino prima della costruzione di Palazzo Pubblico, e tradizione vuole che qui sia stata accolta l’ambasceria fiorentina che intimava la resa alla Repubblica, chiaramente e fieramente respinta, e che poi portò alla battaglia e alla vittoria di Montaperti del 4 settembre 1260.

Abside della Chiesa di San Cristoforo a Siena

Cosa rimane di quella vecchia costruzione romanica? Solo l’abside, e il meraviglioso chiostro. Ora l’ingresso al chiostro è privato, perché da lì si accede al convento delle Suore Figlie della Chiesa. Ma sono gentilissime, e le ringrazio per tutte le opportunità che mi hanno dato di accedervi durante i tour e far vedere a tante persone questa meraviglia. Il chiostro è stato ristrutturato durante gli anni ‘20 del secolo scorso, ma conserva un lato delle arcate originarie, a tutto sesto, in cui le colonne terminano con capitelli in pietra serena, molto consunti, ma che mostrano ancora decorazioni fitomorfe e antropomorfe.

Chiostro di San Cristoforo a Siena
Chiostro di San Cristoforo

Da qui, la vista dell’abside e del campanile a vela è davvero suggestiva, e si possono notare alcune lapidi murate provenienti da chissà dove nella chiesa, fra cui una molto particolare: si tratta della lapide mortuaria della famiglia Angiolieri, che per molti identifica la tomba di Angioliero di Solafica e del figlio Francesco, detto Cecco, il famoso poeta senese amico/nemico di Dante. Cecco ha avuto una vita così scapestrata da morire, lui nato da famiglia più che benestante (suo padre era l’esattore delle tasse per il Papa), povero in canna e così oberato dai debiti che i figli rifiutarono l’eredità, e lui fu seppellito nella stessa tomba di quel padre che tanto odiava. Dante l’avrebbe chiamata una appropriata legge del contrappasso.

Lapide mortuaria della famiglia Angiolieri

N°1: Palazzo Sansedoni

Scendendo lungo via Banchi di Sotto, a sinistra, si nota una facciata più volte rimaneggiata, ricca di archi gotici e finestre bifore. Si tratta della più autentica facciata medievale di Palazzo Sansedoni, che invece sul fronte di Piazza del Campo è stato uniformato in stile neogotico a formare un fronte unico leggermente convesso (se guardate bene, quasi uno specchio del fronte, questo veramente medievale, di Palazzo Pubblico). Abbiamo anche il progetto di questa facciata, del 1339, dalla mano di Agostino di Giovanni, all’epoca Operaio dell’Opera nel cantiere del Duomo Nuovo.

Palazzo Sansedoni a Siena
Palazzo Sansedoni

I Sansedoni sono una famiglia che a Siena si distinse fin dal ‘200, tanto che la Repubblica omaggiò un suo membro, Buonatacca, per gli alti meriti sul campo durante le crociate. E come lo omaggiò? Con una torre medievale, costruita, unica in città all’epoca, in laterizio e non in pietra da torre. Era alta almeno 70 metri e molto slanciata, come si vede anche nei dipinti che raffigurano Piazza del Campo e lo skyline di Siena. Fu, in pratica, il modello per la Torre del Mangia. Dove è adesso? Come molte altre è stata sbassata, ma non dal comandante spagnolo Don Diego Hurtado di Mendoza, bensì in seguito ad una lite fra buoni vicini: i Chigi Zondadari, proprietari del palazzo a fianco, affermavano che era pericolante e che sarebbe crollata sopra il loro tetto, per cui verso il 1770 i Sansedoni perdettero la causa e dovettero sbassarla, con loro sommo dispiacere. Il palazzo dal 1995 è proprietà del Monte dei Paschi di Siena ed è stato restaurato nel 2003; è aperto, previo accordo, a visite guidate che vi sveleranno, a parte un affaccio spettacolare sulla Piazza, anche saloni affrescati con vedute e trompe l’oeil, una collezione di arte senese ricchissima, ed una cappella dedicata al santo di famiglia.

 

Per la precisione stiamo parlando di un beato, padre Ambrogio Sansedoni, figlio proprio di quel Buonatacca che abbiamo citato, appartenente all’Ordine Domenicano. Fu un ardente predicatore, un insigne teologo – studiò a Parigi con san Tommaso d’Aquino – e un grande diplomatico: si deve a lui, fra le altre cose, la fine dell’interdetto papale contro Siena dopo la battaglia di Montaperti. Molto appassionato e veemente, morì proprio durante una predica contro gli usurai, probabilmente per un ictus, ed era così tanta la devozione nei suoi confronti che il 20 di marzo, giorno della sua morte, si correva, almeno fino a tutto il ‘700, un palio di cavalli e si faceva, a spese della famiglia, una distribuzione di pane ai poveri della città. Ancora oggi, il 20 marzo, la Comunità dei Padri Domenicani celebra una messa in suo onore all’interno della cappella del Palazzo dopo una solenne processione che parte da San Domenico, in cui si portano con tutti gli onori e alla presenza delle maggiori autorità le reliquie del Beato. Se volete vederne il volto potete andare di fronte alla facciata del Duomo, è raffigurato a mezzobusto nella cuspide del portale centrale, con la città di Siena in mano ed una colomba che gli sussurra all’orecchio: si diceva infatti che le sue parole fossero ispirate direttamente dallo Spirito Santo.

Palazzo Sansedoni

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