Cosa vedere nella contrada della Chiocciola
Eccoci di nuovo pronti a scoprire piccole chicche senesi nel territorio, stavolta, della Chiocciola. La contrada ha un rione decisamente vasto, e la società sfrutta la valle verde della conca di San Marco-Laterino. Come noi del Nicchio e come i contradaioli dell’Aquila, anche i chiocciolini aspettano di vincere da un bel po’ di tempo, ma come sempre sono continuamente impegnati a migliorare e mantenere il loro territorio: questa infatti è una zona ricchissima di conventi, chiese consacrate o meno, palazzi, strutture architettoniche davvero notevoli.
Mi ripeto se dico che è stato difficile?
La scelta ha privilegiato quelle realtà storiche meno visibili, sia dai senesi che dai turisti, e spero serva a far amare ancora di più la nostra città: alcuni episodi recenti hanno purtroppo evidenziato che tanto ancora c’è da fare per allacciare legami ancora più stretti fra i senesi e le loro strade, piazze, monumenti…
Bando alle ciance, entriamo nel rione di San Marco e vediamo la nostra Top Three:
Le tre cose da vedere nella Chiocciola
N°3: Fonte delle Monache
Via delle Sperandie scende da Pian dei Mantellini, dritta come un fuso, verso la cinta muraria, la costeggia e sbuca di fronte a Porta San Marco. Su questa strada si aprivano due complessi monastici molto vasti, quello delle Suore Agostiniane di San Paolo e quello delle Monache Benedettine di Sant’Agnese, dette volgarmente Spera in Dio, da cui deriva il nome della strada, Sperandie. Fra i loro conventi e le mura scende una zona di orti e giardini, Valle Berardi, dove nel 1998 l’Associazione La Diana ha riportato alla luce la fonte, costruita nel 1338 dal Comune, a beneficio delle monache agostiniane da cui prende il nome. Creata sfruttando un bottino indipendente scavato a circa 20 metri di profondità, il suo trabocco alimenta il torrente Tressa che scorre più sotto, in Massetana.
Sono stati riscoperti anche i tre diversi ingressi: quello riservato alle monache di clausura, quello corrispondente all’ingresso attuale e collegato ad una vasca esterna per abbeverare gli animali, ed uno intermedio. Entrando e scendendo lungo la scalinata, si accede ad una camera ipogea con una vasca principale e due fontini più piccoli: qui arrivavano le monache attraverso un’altra scala e potevano lavare i panni. La struttura è molto suggestiva, ed il restauro, finanziato anche dalla Provincia, rende giustizia di una piccola perla ingegneristica e architettonica. Vi si accede proprio dal Villino Madonna, sede della Polizia Provinciale, ma l’ingresso ai locali sotterranei è sbarrato da un cancello, per ovvi motivi di conservazione e sicurezza: basta in ogni caso rivolgersi all’Associazione La Diana.
N°2: Targa di De Montsabert
Dal mondo ovattato e silenzioso delle monache di clausura ci spostiamo sul fronte italiano della Seconda Guerra Mondiale. Siena è dichiarata città ospedaliera, e viene così risparmiata dai bombardamenti, tedeschi o alleati che siano. Eppure, la linea gotica sale inesorabile, le truppe alleate avanzano da sud ed i tedeschi in ritirata, braccati e furiosi, sono come lupi in gabbia: un pericolo per le persone e le cose.
L’esercito repubblichino e tedesco ancora resiste in città, mentre sulla Montagnola e nel Chianti le forze della Resistenza fiaccano sempre di più i nemici. Sul colle dei Cappuccini si installa l’artiglieria francese guidata dal Colonnello Joseph de Goislard de Monsabert. Chi è costui? E’ un militare di professione, che ha già militato in Africa durante la Prima Guerra Mondiale guadagnandosi la Legione d’Onore, tanto che nel 1937 fu promosso colonnello.
Inviato in Africa anche all’inizio del secondo conflitto, prende parte alla Campagna di Tunisia. Nella Campagna d’Italia comanda il Terzo Corpo di Divisione Algerina, che entrerà per primo nella Siena liberata (3 luglio 1944). Ma prima di ciò, fra il 1 ed il 2, da avveduto militare sceglie una posizione dominante sulla valle di Pescaia e sulla città per studiare ed eventualmente colpire il nemico. Ai suoi artiglieri è stata data una mappa della città, dove gli edifici di interesse storico artistico sono evidenziati in rosso. Sono gli obiettivi da evitare. Ma uno degli ufficiali, sconfortato, si lamenta come ce ne siano troppi, e che la mappa così sia inservibile. A tale critica il Colonnello replica, perentorio: “Tirate dove volete, ma se tirate al di qua del XVIII secolo, sarete fucilati!”.
Per concludere con la sua biografia, De Montsabert parteciperà alla Presa di Marsiglia (fine agosto 1944) e nel 1946 diventerà Generale; morirà di vecchiaia nel 1981, non prima di aver servito il suo paese anche come deputato. Ma per noi senesi, sarà sempre il francese innamorato di Siena e della sua arte che ha deliberatamente evitato di danneggiare, lasciandoci una città bella come sappiamo. Una targa in suo onore è stata posta al di fuori di Porta San Marco, che sarebbe potuto essere il primo dei suoi obiettivi strategici (la strada verso la Maremma era uno degli snodi fondamentali per la città). Per questo si è meritato l’argento.
N°1: Chiesa di Sant’Ansano alle Carceri
Questo è davvero un oro, un pezzetto della storia della città incastonato nel punto più alto della corona, il Colle di Castel Senio, che nel nome ricorda il fondatore della città, ma che invece del primo patrono di Siena conserva una delle poche memorie presenti entro le mura cittadine. Infatti Ansano, giovane patrizio romano, nasce a Roma e lì si converte al cristianesimo. Per sfuggire alle persecuzioni scappa a nord, ma lo zelo è tale che converte tutti lungo la strada.
Arrivato nel giovanissimo villaggio di Siena, crea il primo nucleo della chiesa cristiana senese, ma così non passa certo inosservato: viene catturato, e dopo varie prove di martirio, alla fine viene decapitato a Dofana, sulla strada verso sud. Del corpo conservato in Cattedrale, a causa di varie peripezie, si perdono quasi del tutto le tracce, ma nel 1441 il Consiglio Generale della Campana delibera di fondare una cappella a lui dedicata proprio accanto alla Torre della Rocchetta, dove si dice che il Santo fosse stato tenuto incarcerato prima dell’esecuzione.
C’era un edificio preesistente, che fu acquistato e si mise così mano ai lavori, che si protrassero fino al 1448 quando avvenne la consacrazione. All’epoca deve essere stato abbellito da affreschi lungo tutte le sue pareti, di cui rimangono solo due brani sulla parete sinistra accanto all’altare attribuiti al Maestro di Sant’Ansano che sembra essere stato identificato con Pietro di Tommaso del Minella (Sant’Ansano e Nascita di Gesù, mentre la Crocifissione probabilmente si deve al Vecchietta); successivamente l’altare fu abbellito da una tavola dipinta da Francesco Rustici raffigurante Il processo di Sant’Ansano dinanzi al procuratore Lisia, mentre il padre Vincenzo ha dipinto, ad affresco, Dio Padre e l’Annunciazione.
Fino al 1685 fu oratorio della Contrada della Tartuca, poi fu sicuramente interessata da un restauro “in stile” che ha adornato le pareti di un improbabile falso rivestimento in marmi bianchi e verdi. Adesso la chiesa è utilizzata dai Madrigalisti Senesi come sala prove e archivio, ma avrebbe sicuramente bisogno di un attento restauro, e di aperture più frequenti: viene celebrata qui solo la messa del 1 dicembre, giorno della memoria del santo battezzatore, e inizio dell’Anno Contradaiolo.